31 gennaio 2019
Ristorante LA TERRAZZA – Bologna
Il tortellino nei secoli
Per cominciare questo nuovo anno “Gourmet”, per dare seguito ad alcune richieste pervenutemi e considerando anche che nel frattempo molti nuovi amici sono entrati a far parte della nostra famiglia, ho pensato di riproporre un tema già oggetto di una conviviale del 2011 che riscosse un buon gradimento (“il tortellino nei secoli”).
La prima parte della serata è stata dedicata alla storia del nostro piatto tradizionale più famoso ed amato. Quando è nato? che gusto aveva? con quali ingredienti veniva preparato nel corso dei secoli?
Visti gli studi effettuati da alcuni anni sull’argomento dal titolare del Ristorante La Terrazza Tiziano Zirondelli, la figlia Cora ha risposto a tutte queste domande intrattenendoci con una piccola conversazione che ha accompagnato la degustazione di quattro antiche ricette dal 1300 ai giorni nostri (del 1300, 1500, 1800 e 1900).
Degno di nota infine il dessert “semifreddo all’arancia” ideato dalla famosa Chef Anna Gennari (prima donna in Italia ad essere insignita della prestigiosa onoreficienza del “Cordon Bleu” francese).
La serata ha avuto successo in quanto non solo momento di aggregazione ludica, ma anche momento di approfondimento della conoscenza dei nostri prodotti più tipici, che peraltro è anche una finalità della nostra associazione. Era presente alla nostra conviviale anche il 1° Vice Presidente Nazionale Antonio Masella e Signora Rosa e alcuni Soci del Consolato del Veneto. Al termine della serata prima dei saluti finali a tutti gli intervenuti è stato presentato il nuovo Socio Aldo Berti entrato nella nostra famiglia Bolognese.
Queste sono le ricette e notizie sulle quatto tipologie degustate:
“Torteleti de enula con brodo” (1300)
Ricetta fedelmente riprodotta dal Libro di cucina del sec XIV
di Ludovico Frati tratto dal Codice Casanatense
“Se tu voy fare torteleti de enula con brodo, toy caponi o tuo’ de la carne del bo per xii persone, toy iij libre de lonza de porcho e toy tri cassi passi fini e toy tri onze de specie fine e dolze e forte mesedate e ben zalle e toy do derate d’ enulla e toy xx ova e toy la lonxa del porcho e mitila a lessare con essa la enola ben monda, e quando è ben cocta bati la lonza la enulla insieme e no metere tuta la enola. Toy lo caxo che tu ay e pestalo con la lonza e mitige le specie e l’ ova dentro tanto che baste e fa che non sapia tropo de enola e mena insieme ogni cossa e fay batuto e po fay i tortelli pizenini in fogli de pasta zalla. Questi tortelli volle essere ben zali e potenti de specie”.
Il fatto stesso che l’ignoto autore di questa ricetta trecentesca definisca la vivanda “tortelli pizenini”, tortelli piccini, confezionati con “fogli de pasta zalla”, fa veramente pensare ai tortellini o ai cappelletti (purtroppo non conosciamo la loro forma precisa). E’ vero comunque che la presenza dell’enula e delle spezie produce una certa perplessità nell’avvicinarli alla tradizionale minestra emiliana, anche se è vero che, attraverso i secoli, essa ha certamente perso per strada alcuni degli ingredienti originari della farcia per acquistarne altri come la mortadella, il prosciutto, il midollo (fino all’inizio dell’800 era un componente basilare del ripieno mentre oggi sono in pochi a usarlo) e – in certe ricette “spurie” – anche il petto di tacchino che, come si è già detto, è un animale da cortile giunto in Europa dopo la scoperta dell’America. Pressochè analoga alla precedente è anche la versione per preparare tortelletti d’ella in brodetto che è racchiusa in un altro testo culinario trecentesco, quello rappresentato dal codice 1071 della Biblioteca Riccardiana di Firenze, pubblicato nel 1890 da Salomone Morpurgo per i tipi di Zanichelli col titolo LVII ricette d’un libro di cucina del buon secolo della lingua – Anche in questo caso la protagonista è l’enula (ella):
“Se vuoi fare tortelletti d’ella a brodetto di capponi o di carne di bue per XII persone, togli tre libre di bronca (lonza) di porco e tre casci passi, fini, e togli IIII oncie di spetie forti e dolce, fine mischiate e bene gialle, e togli due derrate d’ella, e con esso ella, ben monda; e quando è bene cotta la bronca del porco, battila molto, e batti per sè l’ella. E togli il cascio che tu ài, e pestalo bene con la bronca, e mettivi dentro delle spetie e l’uova tanto che bastino; e mettivi d’ella quantità che tu ne sapia poco: e di questo battuto fai tortelli piccolini con ispoglio di pasta gialla. Questi tortelli vogliono essere gialli e potenti di spetie; e dagli per iscodella con buona peverada e con cascio grattugiato.”
Sempre nello stesso codice della Riccardiana si trova un’altra ricetta per la preparazione di tortelletti a brodetto, anch’essi a base di lonza di maiale, uova, formaggio e spezie, ma con l’aggiunta di uva passa, prezzemolo, datteri, maggiorana (persa) e zafferano. Con questo ripieno ben amalgamato si imbottivano “tortelli piccoli” fatti con “ispoglio di pasta”, che però venivano fritti con strutto oppure cotti in brodetto di mandorle e poi serviti con una buona spruzzata di zucchero. Sia la prima versione che quella in guazzetto sono molto lontane dai nostri tortellini.
Un discorso analogo può farsi per i crispelli di carne o vero tortelli e ravioli, di cui ci offre due varianti lo stesso codice bolognese dell’Universitaria nel brano dato alla luce da Francesco Zambrini (si tratta del Libro della cucina del secolo XIV inserito nella “Scelta di curiosità letterarie inedite o rare” edita dalla Commissione per i testi di lingua che ebbe fra i suoi animatori anche il Carducci):
I – “Prendi ventresca di porco scorticata, lessala, e tritala forte col coltello. Togli erbe odorifere bona quantità e pestale forte nel mortaio, mettivi su del cascio fresco con esse et un poco di farina e distempera con albume d’uova, sì che sia duro. E preso del grasso del porco fresco in bona quantità, metti in la padella, si che bolla, e fàne crispelli; e cotti cavati e mettivi su del zuccaro.”
II – “Togli cascio fresco, trito forte, mettivi un poco di farina e distempera con albume d’ova, si che sia spesso; metti a cuocere con lardo, come detto è di sopra, e mettivi su zuccaro, come nell’altra.”
Nessuna di queste proposte, che ci giungono dal secolo XIV, possiede titoli decisivi per essere collocata alle radici dell’albero genealogico della classica specialità petroniana.
“Per far tortelletti con la polpa di cappone” (1500)
Pestinosi nel mortaro due polpe di due petti di capponi, che prima siano stati alessati con una libra di midolle di bove senza ossa, tre oncie di grasso di pollo e tre di zinna di vitella alessata. Quando ogni cosa sarà pestata, giungavisi una libra di cascio grasso, otto oncie di zucaro, una oncia di cannella, meza oncia di pepe, zafferano a bastanza, meza oncia tra garofani e noci moscate, quattro oncie di uva passa di Corinto ben netta, una brancata tra menta, maiorana e altre erbette odorifere, quattro rossi d’uove fresche e due con il chiaro. Fatta che sarà la detta compositione di modo che non sia troppo salata, habbiasi uno sfoglio di pasta alquanto sottile, fatto di fior di farina, acqua di rose, sale, butiro, zuccaro e acqua tiepida, e con esso sfoglio faccianosi i tortelletti piccoli e grandi tagliati con lo sperone o bussolo e faccianosi cuocere in buon brodo di pollo o d’altra carne grasso e servanosi con cascio, zuccaro e cannella sopra. In questo medesimo modo si potrebbe fare di polpe di galline d’India e pavoni arrosti nello spiedo e di faggiani e starne e di altri volatili usati, e ancho di lomboletti di vitella arrostiti nello spedo con grasso di rognone.
da: Opera di M. Bartolomeo Scappi cuoco secreto di Papa Pio V, Roma 1570
“Cappelletti alla bolognese” (1800)
Per ogni libra di forma gratata vi vogliono sei oncie di grasso di rognone di bue e due oncie di midolla e, se non si può avere la midolla, si sostituisce a questa due oncie di grasso di rognone come sopra, procurando di separar bene il detto grasso dalle pellicole e di pistarlo finissimo al mortaro. Poi si prende una noce moscata e anche questa si pesta finissima, della quale se ne serve per condimento. Per l’impasto vi vogliono almeno quattro uova, procurando di mescolare il tutto insieme colla medesima diligenza ed il pieno sarà terminato. Per questa dose o quantità vi vogliono due libre di fior di farina per la spoglia, che vuole essere morbida alquanto. vanno cotti in brodo sostanzioso all’uso degli altri cappelletti.
da: A. Bassani – G. Roversi, Eminenza il pranzo è servito: le ricette di Alberto Alvisi cuoco del Cardinal Chiaramonti Vescovo di Imola (1785-1800) Bologna, 1964
“Veri tortellini di Bologna” (1900)
Ingredienti:
Lombo di maiale, grammi 100
Prosciutto crudo, grammi 100
Vera mortadella di Bologna, grammi 100
Formaggio Parmigiano-Reggiano, grammi 150
Uovo di gallina N. 1
Odore di noce moscata
N.B. La dose di gr. 150 di formaggio Parmigiano-Reggiano è valida se il formaggio ha una stagionatura di almeno tre anni. Se il formaggio è meno stagionato può essere aumentata la dose.
Preparazione:
Deve essere molto accurata. Il lombo va tenuto in riposo per due giorni con sopra un battuto composto di sale, pepe, rosmarino ed aglio, quindi va cotto a fuoco lento, con un pò di burro e poi tolto dal tegame e ripulito del suo battuto.
Infine, possibilmente col battilardo, si trita molto finemente il lombo, il prosciutto e la mortadella e si impasta il tutto col parmigiano e le uova, aggiungendo l’odore della noce moscata.
L’impasto si deve mescolare a lungo fintanto che risulti bene amalgamato e si lasci riposare per almeno ventiquattrore, prima di riempire i tortellini.
Naturalmente la bontà del ripieno, dipende dalla qualità delle materie prime impiegate.
Per gustare un buon tortellino, è indispensabile disporre di un ottimo brodo che si opttiene mettendo nella pentola un cappone ruspante (non allevato con i mangimi) con aggiunta di quelle parti di carne di manzo notoriamente adatte per fare il brodo (punta di petto, doppione, falata, ecc,).
(Depositata il 7 dicembre 1974, con atto notarile, presso la Camera di Commercio Industriale, Artigianato e Agricoltura di Bologna dalla DOTTA CONFRATERNITA DEL TORTELLINO e dalla Delegazione di Bologna della ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA)